Cosa sono le #BlackPR? Chiedo per un amico, alcuni amici…


“Le #BlackPR sono tecniche di #relazionipubbliche negative che vengono utilizzate per danneggiare la reputazione di una persona, di un’azienda o di un’organizzazione non profit, come ad esempio un’associazione.
Queste tecniche possono includere la diffusione di false informazioni, la pubblicazione di commenti negativi sui social media, la creazione di siti web o forum per diffondere informazioni negative e altro.
L’obiettivo delle black PR è solitamente quello di influenzare l’opinione pubblica e di danneggiare la reputazione di una persona o dell’organizzazione presa di mira.
È importante notare che le black PR sono illegali in molti paesi e possono avere conseguenze negative per coloro che le utilizzano.”

🙏E fino qui era ChatGPT che ringrazio, ma aggiungo un paio di notazioni per chi non fosse particolarmente accorto e intuitivo… ✍

Soprattutto è importante ricordare che l’utilizzo di tecniche di #BlackPR è #censurato dai codici etici dei professionisti di comunicazione e relazioni pubbliche ed è condannato dai principali testi di riferimento della nostra professione.


👉Chi pratica queste tecniche agisce al di fuori della #ComunicazioneResponsabile e dell’etica professionale.
👉Chi le pratica porta discredito alla professione e alla comunità professionale.
👉Chi le pratica fa un danno alla #società, a se stesso come presunto professionista, e alle #organizzazione per cui esso lavora o appartiene.
Non mi pare ci sia da aggiungere altro, ma rimango a disposizione.
🙈🙉🙊

Come utilizzare ChatGpt nel lavoro di comunicatore

Ci sono diversi modi in cui puoi sfruttare ChatGPT per il mestiere di comunicatore:

  1. Generazione di contenuti: ChatGPT può essere utilizzato per generare testo automaticamente, il che può essere utile per la creazione di articoli, post per i social media, bozze di email e altri tipi di contenuti.
  2. Creazione di script: ChatGPT può essere utilizzato per generare bozze di script per video o audio, o per generare idee per la stesura di un copione.
  3. Risposta automatica: ChatGPT può essere utilizzato per creare un sistema di risposta automatica per chatbot o per generare risposte predefinite a domande frequenti.
  4. Analisi del sentiment: ChatGPT può essere utilizzato per analizzare il sentiment di un testo. Ciò può essere utile per monitorare la percezione del pubblico riguardo ad un argomento specifico o ad un’azienda.
  5. Sintesi di testo: ChatGPT può essere utilizzato per generare un riassunto di un testo lungo in modo da rendere più facile per i lettori comprendere l’essenza del contenuto.

Per utilizzare ChatGPT per il tuo lavoro di comunicatore, è possibile utilizzare un’API per accedere al modello e utilizzarlo per generare testo automaticamente o per analizzare il sentiment. Inoltre, è possibile utilizzare un’interfaccia di programmazione per creare un’applicazione personalizzata che utilizzi ChatGPT.

Grazie ChatGpt!

Propaganda & Spin

L’enorme sforzo propagandistico russo presenta in particolare sulle TV una contro-narrativa totalmente alternativa alla realtà per decine di milioni di telespettatori russi, utilizzando abilmente clip da notiziari americani, social media di destra e fonti di informazione cinesi.

Un bell’articolo del New York Times:

“Oltre alla macchina politica di ciò che opera direttamente il Cremlino, V.G.T.R.K. è la seconda parte più importante della propaganda in Russia”, ha affermato Vasily Gatov, ricercatore sui media russi presso l’Annenberg Center on Communication Leadership and Policy della University of Southern California.

Sporche lobby?

Lo scandalo Qatargate riporta all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica l’intreccio tra politica, rappresentanza degli interessi, trasparenza.

Bell’articolo su Il Post che si interroga su parlamento Europeo e Lobby:

https://www.ilpost.it/2022/12/13/parlamento-europeo-lobby/?homepagePosition=2

Il lavoro di un lobbista ha come obiettivo costruire relazioni con persone che lavorano all’interno delle istituzioni, che siano parlamentari o altre figure, per portare avanti gli interessi del proprio datore di lavoro.
Ognuno ha i suoi metodi: lunghi corteggiamenti tramite lusinghe, invio di documenti o incontri concordati, oppure appostamenti fuori dall’ufficio o dall’aula per tampinare la persona che si vuole influenzare.

Lobby e/o Advocacy

Negli ultimi anni ho accettato come tanti il mantra che le relazioni istituzionali dovessero diventare più trasparenti ed evolvere verso l’advocacy, affiancando quindi all’attività di lobby, un’attività sempre più esplicita di comunicazione e – nella contemporaneità 3.0 – di campagne di engagement degli stakeholder tramite i social media.

Tuttavia comincio a dubitare che questo assunto debba essere dato per scontato e accettato.

Trovo anzi che spesso sia divenuto un paravento con cui camuffare campagne di public affairs poco efficaci. Mi sbaglio?

La Sostenibilità della Sostenibilità. Tre domande alla ricerca di risposte (o l’insostenibile leggerezza della comunicazione della sostenibilità)

In questi giorni ci stiamo accorgendo di quanto sia difficile riuscire a coniugare la transizione verso la sostenibilità ambientale, garantendo una sostenibilità sociale accettabile.

Notizie di questi ultimi giorni ci riportano la chiusura di Bosch in Puglia (leggi qui) e il piano industriale di Magneti Marelli (leggi qui). Parzialmente o direttamente collegati alla transizione verso l’auto elettrica, sappiamo che non saranno pochi gli stabilimenti e i centri di ricerca italiani nella filiera dell’automotive impattati da questo processo, con relative conseguenze sull’occupazione e sul futuro di alcuni settori produttivi.

Altro fenomeno inquietante è la crescita dei costi di gas ed energia elettrica, che sta costringendo alcuni Paesi alla riattivazione di centrali a carbone, oltre che al fatto di considerare il nucleare un’energia di transizione – affermazione che fino a qualche mese fa provocava scandalo, mentre oggi è indicata dalla Commissione Europea. Un comportamento apparentemente schizofrenico, ma che un’analisi più profonda riesce a spiegare piuttosto bene.

Senza focalizzarmi però su cause e processi che obbediscono a logiche economiche e geopolitiche più grandi e difficilmente influenzabili, penso che i comunicatori e i professionisti di relazioni pubbliche dovrebbero cominciare a porsi alcune domande e possibilmente darsi anche qualche risposta.

Prima domanda: è corretto continuare a gonfiare la bolla della sostenibilità, inseguendo peraltro ormai una deriva ESG che spinge la finanza a fare greenwashing? Se non ricalibriamo in fretta aspettative e comunicazione, c’è un concreto rischio di ulteriore perdita di fiducia in istituzioni e media (cfr. Edelman Trust Barometer 2022),

Seconda domanda: sappiamo fino a quanto e quando saremo in grado di sacrificare la sostenibilità sociale per la transizione verso la sostenibilità ambientale? Che dal nostro punto di vista significa: c’è stato un ascolto strutturato delle aspettative di tutti gli stakeholder (cittadini e ONG in primis) sulla sostenibilità? Occorre cominciare a prendere in considerazione il punto di vista anche delle fasce più deboli (all’interno dei nostri Paesi sviluppati ma anche di quei Paesi del resto del mondo che non sono allineati al 100% sulla transizione.)

Terzo punto: non avrebbe senso aprire un dibattito pubblico su questi temi, per far conoscere i molteplici aspetti di un processo molto complesso e non così semplice come può sembrare, come la transizione energetica? Questo spazio è una opportunità per i comunicatori e i relatori pubblici.

Concludo esplicitando mio pensiero per evitare fraintendimenti: non credo che ciò che ormai diamo per scontato – la necessità di una transizione verso la sostenibilità ambientale – vada messo in dubbio o negato; credo però che sia necessario affrontare un processo complesso informando, ascoltando e dibattendo pubblicamente, per poterci confrontare con opinioni pubbliche solide e preparate ad affrontare le sfide che inevitabilmente si presenteranno.

Diete mediatiche e relazioni pubbliche… come si formano le opinione pubbliche?

I consumi mediatici (le diete mediatiche) dei nostri pubblici dovrebbero essere alla base della programmazione e della costruzione dei nostri piani di relazioni pubbliche, comunicazione ed engagement.

Tuttavia i cambiamenti e le tendenze nell’utilizzo dei media stanno evolvendo drammaticamente da qualche anno a questa parte e, soprattutto chi si occupa di relazioni con i media (l’ufficio stampa), dovrebbe essere in grado di utilizzare un approccio molto flessibile e in grado di recepire le mutate abitudini. Se assumiamo che sia ancora utile gestire le relazioni tramite i mezzi di comunicazione tradizionali (oltre ovviamente ai social e alla messaggistica) integrandoli in un media-mix complesso e continuativo, dovremmo però fare un serio ragionamento su quanto il processo di formazione dell’opinione pubblica sia ancora monitorabile o venga dato per scontato da assunti tardo-novecenteschi. La domanda chiave è: Come si forma l’opinione pubblica, o meglio come si formano le opinione pubbliche?

I dati di Datamedia Hub su I consumi Mediatici degli Italiani dal 2007 al 2021 ci forniscono un’interessante e inevitabile spunto di riflessione, anche se non definitivo:

http://www.datamediahub.it/2021/12/20/i-consumi-mediatici-degli-italiani-dal-2007-al-2021/#axzz7FC1oHECa

DataMediaHub guidato dall’ottimo Pier Luca Santoro, è un gruppo di professionisti con anni di esperienza nel giornalismo, nella comunicazione e nel marketing, nel design grafico e nelle ricerche di mercato in grado di offrire un servizio completo tailor made su tutta l’area della comunicazione d’impresa e del marketing.

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Quando un dead cat non è un dead cat

Alcune strategie di distrazione (dead cat in gergo) di massa sono più efficaci di altre. Dalla rivista di CIPR Influence Magazine: “Shock continui, come ben sa qualsiasi appassionato di film horror, possono perdere il loro impatto. È una tecnica che può essere facilmente contrastata.”

leggi l’articolo originale

Lo stesso Johnson scriveva sul Daily Telegraph

“There is one thing that is absolutely certain about throwing a dead cat on the dining room table – and I don’t mean that people will be outraged, alarmed, disgusted. That is true, but irrelevant. The key point, says my Australian friend, is that everyone will shout “Jeez, mate, there’s a dead cat on the table!”; in other words, they will be talking about the dead cat, the thing you want them to talk about, and they will not be talking about the issue that has been causing you so much grief.”

So, in campaigning terms a dead cat can be effective. In the heat of an ongoing government crisis, it can look like a short-term panic measure, adds to cynicism, and does nothing to solve the real crisis at hand. It becomes too easy to see ‘dead cats’ everywhere (vai all‘articolo originale)