Da Il Domani, Marco Balzano
L’EQUIVOCO DELLA “NARRAZIONE” IL SENSO STRAVOLTO DI UNA PAROLA (Domani pagina 14)
Circa venti anni fa sull’inglese “narrative” abbiamo calcato “narrazione”. Questo vocabolo ovviamente lo avevamo già, e indicava l’azione del narrare una storia. Potremmo addirittura individuare l’anno in cui questo passaggio è avvenuto: era il 2009 e Obama correva per le presidenziali. Il mondo parlava di lui, un candidato giovane, nato alle Hawaii da madre bianca e padre keniota , che voleva dare un’altra narrative dell’America, proponendone una “visione” diversa. Il suo linguaggio, come la sua presenza e la sua vivacità culturale, era di grande impatto, mescolava reminiscenze personali e analisi psicologiche calandole al meglio nel momento storico che gli si apriva davanti. In inglese “narrative” esprime proprio la “soggettiva versione dei fatti”, l’“interpretazione” mentre in italiano, nel senso comune, “narrazione” era soltanto la fiction. Pertanto, in questa inedita accezione della parola, il racconto oggettivo, la testimonianza, la relazione dell’accaduto perdono importanza a scapito della soia prospettiva personale. La conseguenza più immediata è che l’ambito letterario ha perso l’esclusività di un termine che indicava soltanto l’atto di creare una storia. Il senso originario resta ovviamente valido, ma l’uso generale di “narrazione” non riguarda più soltanto la letteratura o la scrittura. Il nuovo significato si è imposto e diffuso, oltre che in politica, anche nell’informazione. Se si scorrono le occorrenze di “narrative” nella comunicazione anglosassone emerge chiaramente che il vocabolo delinea una rappresentazione della realtà al fine di sostenere un punto di vista o una tesi. E lo stesso è poi valso per i giornali e le interviste televisive di casa nostra.