Generazione Depoliticizzata o politica degenerata?

Dargen D’Amico

Dice Dargen D’Amico a Sanremo: “Ho fatto tante cazzate nella mia vita, ho commesso molti peccati, anche gravi, ma non ho mai pensato di avvicinarmi alla politica”

E avrebbe poi aggiunto “Ero semplicemente guidato dall’amore e dalla sensazione che siano sempre più le cose che abbiamo in comune”

Come nota Marco Leardi – su il Giornale – il cantante probabilmente intendeva esplicitare il fatto di non riconoscersi in un partito o in uno schieramento politico.

È un equivoco – quello che tende a confondere la politica con i partiti – molto dannoso e pericoloso, ma ormai diffusissimo tra le generazioni più giovani (e non solo) ormai da qualche anno.

Sappiamo che una parte della popolazione vede negativamente i partiti e i loro rappresentanti. È una fetta rilevante della popolazione italiana: non riesce proprio a farseli piacere e vediamo confermata questa tendenza nel costante numero di astenuti alle elezioni politiche. Legittima tendenza e legittimo pensiero.

Tuttavia non sono le elezioni, i partiti e gli schieramenti politici ad esaurire l’attività politica: sono tanti i soggetti non-partitici ad occuparsi della res publica e sono tanti anche coloro che possono dibattere e arricchire il dibattito pubblico sulla res publica, senza per forza schiacciarsi su posizioni ideologiche precostituite in uno schieramento politico. Questa fuga dall’ identificarsi in un oartito credo abbia la sue origini nel post-tangentopoli ed ha sicuramente spinto la mia generazione ad occuparsi poco di politica in senso tradizionale, ma a farlo sotto altre forme: volontariato e terzo settore, movimenti ecologisti, think tank. Oggi però, essendosi sedimentato questo disprezzo per i partiti, ma non essendoci una piena consapevolezza di quanto fare politica sia necessario e anche nobile, vediamo persone con forti valori e convinzioni (ecologiste e femministe in primis) che non riescono a incanalare i desideri individuali in uno sforzo collettivo.

Anzi lo rifuggono… dicendo appunto che non farebbero mai politica o che non vogliono essere politici.

L’anestetizzazione e l’annacquamento social trasformano le aspirazioni e le frustrazioni giovanili in rappresentazioni virtualizzate fini a se stesse, che possono al massimo produrre hate speech, qualche hastag e solitarissime bolle social.

Penso che oggi, ancor più di ieri, la Politica – nel senso più nobile ed estensivo – vada rilanciata, per far sì che tornino ad occuparsene (anche) i migliori.

Peraltro andrebbe quasi rispiegata e riempita di quei valori che ha perso. Ed è un compito troppo importante per lasciarlo ai ‘politici’.

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